La quarantena non ammette assembramenti e così il Coronavirus è riuscito a cancellare anche la più radicata delle tradizioni primaverili: niente gite fuori porta, scampagnate o grigliate, né per Pasquetta né per il 25 Aprile o per il 1 Maggio.
Ma se per i pranzi e le cene con amici, al ristorante, occorrerà attendere ancora un po’ di tempo, c’è chi ha trovato una soluzione alternativa alla grigliata all’aria aperta, organizzando un barbecue in casa.
La creatività degli italiani, nei giorni scorsi, si è scatenata: a Pasquetta, in molti hanno improvvisato grigliate indoor, a casa propria, con piccoli barbecue elettrici da fornello, così da far inorridire i puristi, amanti di brace e carbonella!
A Palermo, nel quartiere dello Sperone, il giorno di Pasqua alcuni abitanti di un caseggiato hanno organizzato, sulla terrazza condominiale, all’ultimo piano, una vera e propria festa con tanto di barbecue destando l’attenzione delle Forze dell’Ordine che sono intervenute immediatamente.
Fermo restando l’obbligo di distanziamento sociale e il divieto di creare assembramenti, ciò che interessa in questa sede è verificare se, in vista dei prossimi ponti e festività, sia possibile organizzare una grigliata casalinga, sul balcone, senza incorrere in sanzioni.
Se non si ha la fortuna di disporre di una casa indipendente con annesso giardino, lontano dall’abitato, ma si dispone di un appartamento in condominio, occorrerà, preliminarmente, verificare la sussistenza di norme comunali o di Polizia Municipale che regolamentino la materia.
Alcuni Comuni, infatti, vietano espressamente (anche con apposite ordinanze) di effettuare barbecue sul balcone di casa, per non arrecare nocumento ai vicini con fumi o odori molesti e creare situazioni pericolose.
In secondo luogo, occorrerà verificare se lo stabile ove è ubicato l’appartamento sul cui balcone si intende effettuare la grigliata, possieda una norma regolamentare in proposito.
Il regolamento condominiale può, infatti, imporre limitazioni al godimento delle proprietà esclusiva, in quanto trattasi di “-omissis- previsioni negoziali costitutive, per tutti i condomini, di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca -omissis-“ (Corte di Cassazione, Sez. VI, sentenza n. 1064 del 18.01.2011).
Pertanto, se il regolamento condominiale espressamente vieti di posizionare sul terrazzo un barbecue fisso ovvero, più in generale, di grigliarvi il cibo, sarà necessario desistere.
In caso contrario, benché si tratti di una norma scarsamente utilizzata a causa della difficoltà di applicazione, si potrà incorrere in una sanzione pecuniaria.
Infatti, l’art. 70 delle Disposizioni di Attuazione al Codice Civile prevede che: “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice”.
Nel caso in cui non sussista nessuna norma né comunale né condominiale sarà, pertanto, possibile utilizzare il grill sul balcone a patto, però, di non arrecare danno al vicinato.
Invero, l’art. 844 del Codice Civile dispone che: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.
Il legislatore del 1942 con la norma in esame ha voluto garantire un equilibrio tra le attività svolte dal proprietario del fondo o abitazione e la produzione di immissioni sgradite al vicino.
Per “normale tollerabilità” s’intende il limite entro il quale l’emissione, pur comportando una parziale menomazione del godimento della proprietà altrui è, tuttavia, ritenuta accettabile per il proprietario del fondo che la subisca.
Se dal punto di vista concettuale non è difficile comprendere di cosa si tratti, è sicuramente più difficile individuare la soglia oltre la quale le immissioni non siano più sopportabili, tenuto conto che ciascun individuo possiede una percezione soggettiva di “intollerabilità”.
In ambito giuridico, la valutazione sulla tollerabilità o meno (e, quindi, sull’ammissibilità o meno) di una immissione (rumore, fumo, scuotimenti ecc.) è rimessa al Giudice del merito che deve effettuare la verifica, caso per caso, tenendo in debita considerazione la percezione di un ipotetico “uomo medio”, per superare la definizione soggettiva di “intollerabilità”, di cui sopra.
La Suprema Corte di Cassazione ha più volte confermato che l’accertamento dell’intensità e dell’intollerabilità delle attività che arrecano disturbo non può fondarsi solo su criteri di ordine matematico o statistico o su criteri quantitativo-oggettivi.
Con sentenza n. 1606 del 20.01.2017 la Suprema Corte ha stabilito che il giudizio sulla tollerabilità debba “-omissis- essere condotto con riguardo alla situazione concreta, alla specifica situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, considerando le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti attraverso l’applicazione di un criterio di tipo comparativo -omissis-“.
La giurisprudenza si è pronunziata anche in ordine alle immissioni in ambito condominiale, affermando che: “La disposizione dell’art. 844 c.c. è applicabile anche negli edifici in condominio nell’ipotesi in cui un condomino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo, tuttavia, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. Dalla convivenza nell’edificio, tendenzialmente perpetua (come si argomenta dall’art. 1119 c.c.), scaturisce talvolta la necessità di tollerare propagazioni intollerabili da parte dei proprietari dei fondi vicini; per contro, la stessa convivenza suggerisce di considerare in altre situazioni non tollerabili le immissioni, che i proprietari dei fondi vicini sono tenuti a sopportare” (Cass. civ. Sez. II, 30/08/2017, n. 20555, C.E. c. P.P. in Imm. e propr., 2017, 11, 668).
Pertanto, chi subisca immissioni che oltrepassino la normale tollerabilità, ove l’offesa sia idonea a provocare la lesione grave di un interesse tutelato dalla Costituzione italiana (come, ad esempio, il diritto alla salute, ex art. 32 della Costituzione), potrà rivolgersi all’Autorità Giudiziaria chiedendo, preliminarmente, l’inibitoria dell’attività dannosa, così da far cessare, immediatamente, ove possibile, la promanazione dell’immissione, ovvero far sì che la propagazione dannosa venga ricondotta nel limite della normale tollerabilità.
In secondo luogo, potrà essere formulata una richiesta di risarcimento del danno che potrà riguardare, a seconda della gravità e della persistenza dell’immissione, il danno alla salute, quello esistenziale o il danno morale, ove le immissioni siano causate da attività illecite penalmente sanzionate e qualora il reato si sia configurato o astrattamente configurabile.
La Suprema Corte in tema di risarcimento del danno non patrimoniale per immissioni e relativa prova ha affermato recentemente che: “Il danno non patrimoniale subito in conseguenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità non può ritenersi sussistente “in re ipsa”, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione del diritto (nella specie, quello al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane) ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, per il quale non vi è copertura normativa. Ne consegue che il danneggiato che ne chieda il risarcimento è tenuto a provare di avere subito un effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa, potendosi a tal fine avvalere anche di presunzioni gravi, precise e concordanti sulla base però di elementi indiziari diversi dal fatto in sé dell’esistenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità” (Cass. Civ., Sez. VI, 3 Ord., 18/07/2019, n. 19434 (rv. 654622-02) P. c. G., in CED Cassazione 2019, Quotidiano Giuridico 2019 e Danno e Resp., 2019, 6, 765 nota di VOLPATO).
In conclusione, si può ritenere che, a livello legislativo, non esista un divieto assoluto di utilizzo del barbecue negli ambienti condominiali o privati (specialmente in mancanza di normative ad hoc a livello locale o condominiale), quanto piuttosto vi sia l’obbligo di rispettare la soglia minima di tollerabilità delle immissioni prodotte.
Ciò in quanto il fumo e gli odori che scaturiscono dall’utilizzo del grill non sempre risultano sopportabili, soprattutto in condominio e vi è la possibilità di alterare in peius la qualità della vita dei vicini di casa.
A tal proposito, il Tribunale di Vicenza nella sentenza n. 892 del 16.03.2017 (benché riguardante immissioni di fumi provenienti da un forno fisso, costruito, su una terrazza privata), ha esplicitamente affermato che il danno derivante da immissioni di fumo provenienti dal barbecue del vicino, legato ad un uso saltuario del caminetto, non dà diritto a nessun risarcimento, se trattasi di danno irrisorio, pertanto: “Il danno non patrimoniale derivante da immissioni olfattive non è risarcibile se di lieve entità. Il danneggiato, infatti, al fine di ottenere il ristoro del patimento subito, deve dimostrare che l’offesa abbia cagionato una lesione grave di un interesse costituzionalmente rilevante”.
In questo caso, il Giudice rigettò la domanda risarcitoria per il danno non patrimoniale ma ritenne, comunque, fondata la domanda di risarcimento in forma specifica consistente nella condanna del proprietario del grill all’adozione di misure idonee ad evitare immissioni sul fondo del vicino.
A questo punto, grigliata sul balcone sì, ma cum grano salis!
Avv. Elisa Spingardi
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