In questi giorni fa riflettere e discutere il servizio andato in onda su Canale 5, il 28 Aprile 2020, nel programma “Striscia la Notizia”, ove Michelle Hunziker si è rivolta alla giornalista Giovanna Botteri (inviata speciale RAI, in Cina, per la questione Covid-19), criticandone il look: solito maglioncino nero e assenza di messa in piega, da mesi.
Se da un lato qualcuno ha sostenuto che le parole della Hunziker (e di Jerry Scotti) fossero state mal interpretate e che, in realtà, fossero state pronunziate a sostegno della Botteri, dall’altro, la Commissione per le Pari Opportunità e l’Ordine dei giornalisti si sono schierati dalla parte dell’inviata RAI, ritenendolo un chiaro attacco di “body shaming”.
Giovanna Botteri ha risposto alla Hunziker con un video messaggio benevolo, mettendo sapientemente a tacere la questione.
Giovanna Botteri e i conduttori di Striscia la notizia
Senza entrare nei particolari, ciò che preme in questa sede è analizzare, prendendo spunto dal caso concreto, i concetti di body shaming e comunicazione satirica.
Ma che cos’è esattamente il body shaming?
Per body shaming (dall’inglese, “umiliare il corpo”) si intende quell’atteggiamento di derisione che si esplica per mezzo di comportamenti offensivi e denigratori, nei confronti di una persona e del suo aspetto fisico.
Qualsiasi caratteristica può essere presa di mira: l’adiposità, la magrezza, l’altezza, la bassezza, la presenza, l’assenza o la cura della peluria corporea, il colore dei capelli, l’acconciatura, la forma e le dimensioni delle natiche, la muscolatura e persino la presenza di malattie considerate antiestetiche, come la psoriasi.
Il carattere fisico viene deriso perché considerato non aderente ai canoni estetici imposti dalla società.
La moda, la pubblicità e il cinema hanno diffuso un’idea di donna e di uomo che non corrisponde alla realtà e che si avvicina di più allo stile delle indossatrici e a quello degli attori.
Body Shaming
In sostanza, si tratta di quella forma di discriminazione meglio conosciuta con il termine “bullismo”, se attuata nella vita reale, ovvero cyber bullismo, se attuata in rete.
Il bullismo è un fenomeno che spesso viene associato all’infanzia e all’adolescenza ma che, in realtà, è una forma di violenza che si può protrarre anche nell’età adulta e in quegli spazi che caratterizzano la quotidianità di un adulto, come l’ambiente di lavoro.
Tra le forme più diffuse di bullismo sul lavoro vi è il mobbing, cioè quell’aggressione piscologica e morale, reiterata nel tempo da parte di uno o più aggressori (mobbing verticale, messo in atto dal/dai datori di lavoro verso il/i dipendente/i e mobbing orizzontale, messo in atto dal/i collega/i di lavoro verso uno di loro per varie ragioni).
Certo, non è mai piacevole essere oggetto passivo di attacchi ingiusti e derisioni, ma un conto è quando il bullismo si rivolge a persone adulte che sono in grado di dare il giusto peso alle critiche e, talvolta, trasformarle in un ritorno positivo per la propria persona e immagine e, un altro conto, è quando, invece, si tratta di adolescenti, in età evolutiva e sicuramente più indifesi.
Infatti, essere vittime di episodi di bullismo da bambini è spiacevole nell’immediato e costituisce un fattore che aumenta il rischio di sviluppare diverse tipologie di disturbi oltre che nell’infanzia e nell’adolescenza, anche nell’età adulta.
Mobbing orizzontale e verticale
Molti studi hanno evidenziato che le vittime di bullismo nel passaggio dall’adolescenza alla età adulta presentano, in misura rilevante, disturbi come l’agorafobia, l’ansia, attacchi di panico, dipendenza, psicosi e depressione, rischio suicidario, nonché disturbi antisociali della personalità.
Ciò che caratterizza il bullismo è l’intenzionalità del comportamento violento, la persistenza nel tempo e l’asimmetria nella relazione tra bullo e vittima, in quanto vi è squilibrio di “potere” tra chi compie l’azione e chi la subisce.
Il bullismo può essere sia diretto che indiretto.
Si parla di bullismo diretto, quando vi è una relazione immediata tra vittima e bullo come, ad esempio, nel bullismo fisico (ove il bullo colpisce la vittima con colpi, calci, spintoni, sputi o la molesta sessualmente), nel bullismo verbale (ove il bullo prende in giro la vittima, dicendole frequentemente cose cattive e spiacevoli, chiamandola con appellativi offensivi, sgradevoli o minacciandola), nel cyberbullismo o bullismo elettronico (ove il bullo invia messaggi molesti alla vittima tramite SMS o in chat o la fotografa/filma in momenti in cui essa non desidera essere ripresa e poi invia le immagini ad altri per diffamarla, minacciarla o darle fastidio).
Ci si riferisce, invece, al cosiddetto bullismo indiretto quando si tratta di quel fenomeno meno visibile ma, comunque, pericoloso che tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola, isolandola oppure ignorandola così da incidere psicologicamente su di essa.
Dal punto di vista giuridico, non esiste una normativa europea di riferimento e i Giudici degli Stati membri identificano la legge applicabile in base all’interpretazione analogica di norme già esistenti, che inquadrano il bullismo nei reati già codificati da ciascuno Stato.
Bullismo
In Italia, le condotte di bullismo anche se non integrano un reato autonomo (non esiste nella legislazione penale il reato di bullismo), spesso danno luogo comportamenti pluririlevanti dal punto di vista penale, essendo in grado di integrare diversi reati già previsti e puniti dal nostro Codice Penale e dalla legislazione speciale.
Negli ultimi vent’anni vi è stata una crescente sensibilizzazione nei confronti del fenomeno del bullismo e si è compreso che per combatterlo è fondamentale che l’opinione pubblica ne riconosca la gravità e le sue conseguenze, così da permettere il recupero sia delle vittime che dei prevaricatori che corrono il rischio di intraprendere percorsi di devianza e delinquenza.
Attualmente il dibattito parlamentare sull’argomento è vivo e a breve dovrebbe essere emanata una legge anti-bulli, con scopi sia preventivi che repressivi.
Infatti, con 234 voti a favore, 131 astenuti e nessun contrario, il Parlamento a fine gennaio scorso ha approvato la proposta di legge A.C. 1524-A che ora si trova all’esame del Senato.
Ha fatto riflettere la testimonianza personale del democratico Filippo Sensi che, durante la discussione del testo della legge alla Camera, il 29 gennaio 2020, che ha riferito di esser stato, anch’egli, da bambino, vittima dei bulli a causa del suo peso.
Il politico ha voluto sensibilizzare i colleghi su un problema che riguarda i giovani e, nello specifico, ha parlato proprio il body shaming e della difficoltà che spesso hanno i giovani a reagire.
Cyberbullismo
In sostanza, il testo della nuova legge si affiancherebbe al primo provvedimento specifico in tema di bullismo, la Legge n. 71/2017 sul cyberbullismo.
Tale legge individua strumenti di prevenzione e di contrasto del bullismo elettronico (definito come qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica), nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.
La proposta approvata dalla Camera, A.C. 1524-A, pur ponendosi in continuità con la citata Legge n. 71/2017, in quanto contiene anch’essa alcune misure di carattere socio-educativo, introduce, però, strumenti di repressione penale e una riforma delle misure coercitive di natura non penale applicabili dal Tribunale per i minorenni, ai minori che tengano condotte irregolari o aggressive.
Tra le novità di maggior interesse, vi è la proposta di apportare modifiche al Codice Penale, intervenendo sul delitto di atti persecutori ex art. 612-bis cp, ampliando l’ambito oggettivo dell’illecito penale alle condotte di reiterata minaccia e molestia che pongono la vittima in una condizione di emarginazione, introducendo una nuova aggravante, per fatto commesso da più persone, e prevedendo la confisca obbligatoria degli strumenti informatici eventualmente utilizzati per commettere il reato (art. 1); nonché sull’art. 731 cp (che punisce l’inosservanza dell’obbligo scolastico), non limitandola più alla sola istruzione elementare ma estendendone l’applicazione all’istruzione obbligatoria e sostituendo la contravvenzione attualmente prevista (fino a 30,00 euro) con un’ammenda da 100,00 a 1.000,00 euro (art. 2).
Altre modifiche riguardano la Legge n. 71 del 2017, in quanto si propone di estenderne il campo d’applicazione anche alla prevenzione e al contrasto del bullismo e prevedere che il dirigente scolastico, a fronte di episodi di bullismo e cyberbullismo che non costituiscano reato, possa, dopo aver informato i genitori, coinvolgere i servizi sociali e, nei casi più gravi, avvisare le autorità competenti per l’attivazione delle misure rieducative di cui all’art. 25 della Legge sui Tribunali per i minorenni (art. 3).La proposta di Legge prevede, inoltre, modifiche alla legge sull’istituzione e sul funzionamento del Tribunale per i minorenni (art. 4), con riguardo alla disciplina delle misure coercitive di intervento non penale nei confronti di minorenni che, oltre a risultare irregolari per condotta o carattere, tengano condotte aggressive, anche di gruppo, nei confronti di persone, animali o cose o lesive della dignità altrui: in questi casi il Pubblico Ministero potrà attivare un percorso di mediazione o chiedere al Tribunale per i minorenni di disporre, sentiti il minore e i genitori, un progetto di intervento educativo con finalità rieducativa e riparativa, sotto la direzione e il controllo dei servizi sociali minorili.
La proposta di legge prevede, altresì, un adeguamento dello statuto degli studenti della scuola secondaria, specificando gli impegni della scuola e quelli delle famiglie per la prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo, nonché di altre situazioni di disagio (art. 5); il MIUR metta a disposizione delle scuole piattaforme di formazione e monitoraggio per la prevenzione ed il contrasto di fenomeni di bullismo e cyberbullismo e l’erogazione di specifici moduli di formazione per l’educazione all’intelligenza emotiva, al fine di prevenire e ridurre i conflitti in ambito scolastico (art. 6); l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, di un servizio di assistenza alle vittime di bullismo e cyberbullismo, accessibile tramite un numero di telefono pubblico e gratuito, attivo 24 ore su 24 e tramite un’applicazione da installare sui cellulari, dotata di una funzione di geolocalizzazione e di un servizio di messaggistica istantanea, con la finalità di fornire alle vittime (o ai loro congiunti) assistenza psicologica e giuridica e informare prontamente le autorità di polizia (art. 7); infine, lo svolgimento di una rilevazione sugli atti di bullismo, effettuata dall’ISTAT con cadenza triennale, per individuare le caratteristiche del fenomeno e i soggetti più a rischio (art. 8).
In attesa della promulgazione della legge specifica sul bullismo, attualmente, le modalità con cui tale fenomeno incide sulla nostra società interessa diversi rami del diritto.
In particolare, i bulli con il loro comportamento commettono dei reati (diritto penale) e, sovente, danneggiano cose e persone e, quindi, sono tenuti al risarcimento (diritto civile).
Infatti, il bullismo può comportare la commissione di reati già previsti e puniti dal Codice Penale, come i reati contro la persona, tra cui quello di percosse (art. 581 cp), lesioni personali (art. 582 cp), minaccia (art. 612 cp), ingiuria o diffamazione (artt. 594 e 595 cp), istigazione al suicidio (art. 580 c.p.), violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), stalking (art. 612 bis c.p.), interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.), molestia o disturbo (art. 660 cp), stupro (art. 609 cp); ovvero reati contro il patrimonio, come il reato di furto (art. 624 c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), danneggiamento (art. 635 c.p.) e altre ipotesi di reato, tra cui: sostituzione di persona (art. 494 c.p.), frode informatica (art. 640 ter c.p.).
Il razzismo e i futili motivi costituiscono un’aggravante per tutte le fattispecie di reato.
Nel momento in cui una persona è vittima di bullismo può esercitare l’azione penale mediante il deposito di una denuncia-querela: alcuni reati sono perseguibili su istanza di parte, mentre, quelli più gravi (lesioni gravi, molestie o minacce gravi…), sono procedibili d’ufficio.
Appurato cosa sia il body shaming, ci si domanda se, a questo punto, i confini tra bullismo e satira possano essere così labili da permettere di classificare il servizio televisivo e le parole della Hunziker come semplice ironia e sarcasmo nei confronti di una professionista come la Botteri.
E’ noto che la satira sia una forma di comunicazione che affonda le proprie radici nell’antica Grecia e che, sviluppatasi nei secoli, attualmente venga utilizzata per la critica del malcostume della politica e della società.
Tale forma di comunicazione rientra nella manifestazione del diritto di critica e, più in generale, nel diritto di manifestazione del pensiero riconosciuto dalla Costituzione (art. 21) e gode della tutela riservata dal costituente alle espressioni artistiche e culturali (art. 9 e 33).
Secondo la Corte di Cassazione la satira è una forma artistica che mira all’ironia sino al sarcasmo, esercitato nei confronti del potere di qualsiasi natura.
Vi è da dire che la satira è, però, una forma d’arte particolare, in quanto mette alla berlina il cosiddetto “intoccabile” per definizione (ovvero un potere forte, un personaggio influente) e ne esalta i difetti.
Per la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 14822 del 04/09/2012): “La satira è sottratta, a differenza della cronaca, al parametro della verità, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto; ai fini della ricorrenza della satira è necessario che i fatti siano espressi in modo apertamente difforme dalla realtà, sì che se ne possa apprezzare subito l’inverosimiglianza e il carattere iperbolico”.
Può accadere, però, che la satira leda il diritto all’onore e al decoro della persona presa di mira.
Occorre rammentare che tra i diritti inviolabili della persona oltre al diritto alla manifestazione del pensiero, rientrano anche il diritto all’onore e al decoro: se è vero che la satira per essere più efficace, quasi sempre, attua una deformazione della realtà, ricorrendo al paradosso ed alla forzatura dei toni, risulta inaccettabile un attacco gratuito alla persona.
Tale il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione, per cui la satira, al pari di ogni altra forma di comunicazione, non può violare i diritti fondamentali della persona: è illecita l’attribuzione di condotte illecite o moralmente disonorevoli, la deformazione dell’immagine in modo da suscitare disprezzo della persona o scherno della sua immagine pubblica.
Con sentenza n. 41785 del 27/05/2016 la Cassazione ha affermato che: “Raffigurare un soggetto nella veste di Pinocchio può rientrare nel diritto di satira se il contenuto comunicativo non trascende in espressioni offensive e dispregiative. Infatti il diritto di satira rientra nella scriminante dell’esercizio di un diritto ex art. 21-33 Cost. e 51 c.p. che, nell’apprezzare il linguaggio simbolico e paradossale dello scritto satirico, deve comunque rispettare il metro consueto di correttezza e del rispetto dei valori fondamentali”.
Pertanto, il diritto alla satira che realizza un’aggressione gratuita dell’onore, del decoro o della reputazione altrui, può configurare il reato di diffamazione aggravata (art. 595, c. 2, cp), se l’offesa è arrecata con il mezzo della stampa o qualsiasi altro mezzo di pubblicità (o in atto pubblico), con conseguente inasprimento della pena.
Ciò, in quanto “il diritto di satira”, benché destinato a prevalere sul configgente diritto all’onore e alla riservatezza del soggetto preso di mira non può trasformarsi in diritto al “libero insulto”, travalicando il limite della correttezza del linguaggio.
La Cassazione, con la sentenza n. 23314 del 08/11/2007 ha precisato che la satira, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona, per cui non può essere riconosciuta la scriminante di cui all’art. 51 cp per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell’immagine in modo da suscitare disprezzo o dileggio.
Più specificatamente, la Corte ha escluso la scriminante nella satira che, trasmodando da un attacco all’immagine pubblica del personaggio, si risolva in un insulto gratuito alla persona in quanto tale o nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante della persona, posta in essere allo scopo di denigrare l’attività professionale da loro svolta attraverso l’allusione a condotte lesive del dovere funzionale di imparzialità.
In conclusione, dopo la seppur sommaria analisi giuridica degli elementi fondanti il body shaming (o bullismo) e la comunicazione satirica, raccolto l’invito di Giovanna Botteri ad un “momento di discussione vera sul rapporto con l’immagine che le giornaliste, quelle televisive dovrebbero avere secondo non si sa bene chi”, auspico di aver fornito qualche spunto interessante cosicché ciascuno possa elaborare una propria opinione su questo (mi si permetta), brutto episodio che, purtroppo, non è unico ma solo uno dei tanti.
Avv. Elisa Spingardi
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